Di Mike Watt, porti e altre sciocchezze. Intervista agli Spacepony.

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Venerdì 17 e sabato 18 settembre Uglydog Records ha organizzato le Uglydog Records Night in Villa Angaran San Giuseppe a Bassano Del Grappa e in Villa Albrizzi Marini a San Zenone Degli Ezzelini. In entrambe le date hanno suonato gli Spacepony, band di Ravenna nel roster dell’etichetta vicentina.

Ho avuto il piacere di suonare prima di loro con i Onceweresixty, ma soprattutto è stato splendido chiacchierare insieme e intervistarli a fine concerto. Giravano parecchie birre ed è stato piuttosto duro trascrivere 40 minuti di deliri, ma prometto di aver riportato (quasi) tutto nel modo più fedele possibile. Mi rendo quindi conto che alcune frasi possono sembrare di poco senso, ma vi assicuro che è stato davvero divertente. Ad ogni modo, godetevela!

Intervista Dirty Little Review - Spacepony
Gli Spacepony durante l’intervista

Ciao Spacepony! Chi siete, che fate, da dove venite?

Stefano Felcini: “Un fiorino!” (Citazione colta, applausi da tutti).
Non siamo toscani, siamo di Ravenna e facciamo delle canzoni in base alla situazione. Siamo molto emotivi, meteoropatici e ci piace qualsiasi genere musicale.
Nicola Serafini: Forse il neomelodico no, però tutto il resto ci piace.
Stefano: Guarda, ho avuto dei vicini che sentivano neomelodico, potrei dire che lo preferisco rispetto ad altre cose!
Nicola: Ci piace di tutto ufficialmente allora.

Suonate insieme da diversi anni se non sbaglio, ma Pinball Odissey è il primo “disco vero”. Finalmente direi! Prima di questo, avete pubblicato due ep. Raccontatemi un po’ il disco. C’è dentro parecchia roba, con pezzi che strizzano l’occhio a gente come Morricone addirittura!

Stefano: Pinball Odissey è l’odissea del flipper, appunto. Quando fai una partita di flipper ti fai un viaggio e vedi quello che salta fuori! Io amavo i flipper meccanici, abbiamo inserito anche questi suoni nell’album. È un concetto della vita, forse di quello che stiamo vivendo.
Anzi, ti dirò, quando prima abbiamo suonato Back To The Summer parlavo di una cosa passata e alla fine riflettevo sul fatto che dopo quello che abbiamo passato, due anni fa sembra essere un’altra vita, non solo un’altra estate. È sempre un rimando a una vita vissuta. La pallina del flipper la puoi vedere come una vita, ognuna può essere vissuta in un certo modo e quando giochi con un flipper la durata di ogni partita dipende da te o dal caso. Puoi anche mandare in tilt la macchina e cambia tutto. In qualche modo è qualcosa di mistico.

Mentre parliamo penso appunto a Back To The Summer: siamo a fine estate (17 settembre) e nella mia testa c’è un’idea di riavvolgimento, ma come in un flipper meccanico, ci sono pochi riavvolgimenti disponibili.

Stefano: Però nel disco tutte canzoni sono legate a dei ricordi passati. Ovviamente Odissey è anche legato al fatto che ci abbiamo messo davvero tanto registrare questo album. Ora con il lockdown non ricordo più nulla, però l’album è nato 3, 4 anni fa. Per me è stata un’odissea!

E Morricone che c’entra?

Andrea Napolitano: Quante birre porto? Sette, otto?
Stefano: Il primo pezzo dell’album è assieme al maestro Carnevali (ndr: Gian Michele Carnevali) che è un fantastico maestro di musica, un collezionista di ocarine. Lui fa pezzi di Morricone, pezzi di film western, è appassionatissimo e gli abbiamo quindi chiesto di venire a suonare una canzone per noi. È venuto a registrare questa canzone (ndr: Did You Hear Horses Whinny?) e le ha dato un risvolto western.

Canzone che tra l’altro è proprio l’inizio della Pinball Odissey.

Stefano: Esatto, quando ha sentito il pezzo lui era entusiasta. Diceva “si sentono i cavalli nitrire”, come dice appunto il titolo del pezzo. Se ascolti bene, c’è una chitarra che sembra proprio un cavallo che nitrisce.
David Alessandrini: Si sente proprio la diligenza! (ndr: da leggere con forte accento romagnolo).
Stefano: Carnevali fa delle cose alla Ennio Morricone e noi siamo molto legati a quelle sonorità western. Anche la prima canzone che abbiamo suonato stasera — Border Line, una nuova canzone che dobbiamo registrare assieme a un’altra band della nostra zona — ha un fischio molto western, o almeno è un fischio che noi italiani interpretiamo come western. Non è così per tutti eh, se chiedi a Tarantino, magari per lui è un’altra cosa. Per noi che ascoltiamo Alessandroni (non Panzironi che è uno che fa le cose mediche sulle reti locali di Ravenna) le colonne sonore sono una base importante. Vogliamo fare canzoni che abbiamo senso anche come colonna sonora, canzoni in cui qualunque estratto di 30 secondi sia “cinematografico”, faccia viaggiare e ti porti in un’altra dimensione.

È qualcosa su cui basate anche la composizione? Intendo il fatto che qualunque parte di una vostra canzone possa essere parte di un film?

Stefano: Sì, più andiamo avanti e più questa cosa viene fuori. Deve essere qualcosa che appartiene all’immaginario cinematografico. Poi noi non abbiamo nemmeno un video per i nostri pezzi, eh!
Nicola: I video che abbiamo fatto sono più che altro di cose alternative ai nostri pezzi. Abbiamo fatto diversi video di cover ad esempio, o del pezzo di Natale.

Spacepony - Pinball Odissey
La copertina di Pinball Odissey

Nel disco c’è lo zampino anche di Mike Watt, complimenti! Come siete arrivati a lui? Com’è lavorare con un musicista così?

David: Con Mike Watt ci siamo incontrati ai tempi di MySpace, per puro caso. Si è affezionato a un nostro brano, che ora non suoniamo più. È stato uno dei primi pezzi che abbiamo fatto io e Stefano quando nella band eravamo praticamente solo noi due. Watt l’ha passato alla sua radio online, noi non sapevamo nulla, poi da lì è partita l’amicizia.
Stefano: Perdona una piccola polemica: ora tutti si emozionano perché hanno le loro recensioni in giro, però basta pagare un’agenzia per averle. Quando Mike Watt ha messo il nostro pezzo, che si chiama Oh My Head (ndr: dal primo ep degli Specepony, lo trovate qui) gli ho scritto 3 o 4 mail ringraziandolo e chiedendogli come abbia fatto a trovare questo pezzo. Da quel giorno Mike Watt è un nostro amico.
David: C’è stata anche una serie di allineamento di pianeti, perché poi per un caso mi sono trovato a dormire con Steve MacKay, che è stato sassofonista degli Stogees. Mi ero mollato con la fidanzata, ero ospite da amici e lui era lì.
Stefano: Lui faceva noise sperimentale, si era fermato nella Casa Del Vento circa una settimana, vicino a Ravenna.
Francesco Garoia: Qua ci sono le birre.
Stefano: Questa cose è fondamentale: quando hai a che fare con delle persone che vogliono suonare, suonano e basta, non si fanno tanti problemi. Jason (ndr: Lytle) dei Grandaddy suona e basta, se sei lì con lui, suona, non si vanta di essere una rockstar. In Italia, forse anche in Europa, se la tirano. Mike Watt, come i Lambchop, sono dei musicisti. Possono essere anche amici, ma di base sono musicisti. Se a loro piace quello che fai, suonano! Noi non li abbiamo pagati, glielo abbiamo chiesto e stop. Con Mike Watt dovremmo fare un’altro pezzo, ma siamo così coglioni che ancora non l’abbiamo fatto! Abbiamo un pezzo pronto da un anno e mezzo ma non glielo abbiamo ancora mandato. Altri glielo avrebbero dato il giorno dopo ma noi siamo così degli, come dire, “Spacepony” che lo abbiamo ancora lì nel cassetto.
Nicola: Watt ci avrebbe potuto semplicemente dire “no ragazzi, non mi interessa, ciao”.
Spesso ci siamo fermati a parlare con lui dopo i concerti. Ha questa band, si chiama Il Sogno Del Marinaio, con Stefano Pilia, con cui ha suonato diverse volte a Bologna.
David: Con Mike Watt abbiamo sempre parlato, sua mamma era italiana, suo padre ha sempre lavorato sulle navi e lui stravede per il mio lavoro, faccio lo scaricatore di porto e a lui piace un sacco, sa tutto dei porti.
Francesco: Detta così sembra una stronzata, ma abbiamo visto David e Mike Watt alle 3 del mattino, a parlare ubriachi di sicurezza nei porti e di container.
Marco Lorenzoni: È l’ummarell che va a vedere i lavori nei porti!
Oumar (il barista del locale): Ma voi non avete una casa?

Quando Marco (Lorenzoni – Uglydog Records) mi ha passato il vostro disco, al primo ascolto mi sono tornati alla mente i suoni dei Mercury Rev. È uno visione solamente mia o c’entrano qualcosa con i vostri ascolti?

Stefano: I Mercury Rev sono su un altro pianeta. C’entrano di brutto, sì. Li amiamo, siamo totalmente immersi nei loro album, da i primi proprio, da quando Jonathan Donahue ha finito con i Flaming Lips fino a Deserter’s Songs, il loro apice. Questo è l’album che ce li ha fatti amare totalmente. Li abbiamo visti moltissime volte. Io ce li ho così dentro che per forza di cose diventano un’influenza.

Ndr: qui c’è in mezzo tutto un discorso sconclusionatissimo sui Mercury Rev, sui Ramones, ma credetemi, è troppo difficile da trascrivere, non l’ho capito molto!

Da Ravenna siete arrivati nel profondo Veneto e avete incontrato Uglydog Records per la pubblicazione di Pinball Odissey. Com’è andata? Com’è collaborare con un’etichetta piccola e oltremodo indipendente?

Nicola: Avevamo avuto delle altre proposte, ma si parlava di due anni, due anni e mezzo per la pubblicazione.
Stefano: Ci avevano dato dei tempi troppo lunghi per le esigenze e la voglia che avevamo. Due etichette americane che a me piacevano molto ci davano tempi biblici.
Andrea: Il disco è uscito nel dicembre 2019, ma si parlava del 2021 con queste etichette. È un disco su cui abbiamo lavorato diversi anni e c’era voglia di uscire.
Stefano: C’era stata anche un’altra etichetta che voleva fare la cassetta, lavora con gente come Little Wings e ultimamente ha fatto qualcosa anche con Jason Lytle dei Grandaddy, è un’etichetta che però non ti nomino perché mi sta un po’ sui coglioni. Era tutto pronto per la cassetta, anche le grafiche, però sono spariti. Due giorni dopo ci siamo sentiti di Marco perché lui voleva inserire Back To The Summer in una compilation di Uglydog Records.
Marco: Ci siamo conosciuti parecchio tempo fa e ci eravamo già sentiti per l’ep Vintage Future.
Stefano: Alla fine abbiamo deciso di fare tutto con Uglydog Records. Poi il logo del cagnolino ci piaceva tantissimo.
Andrea: Ma è tutto molto più semplice, Marco ci ha chiesto di partecipare alla compilation con un pezzo, ci siamo trovati bene e gli abbiamo chiesto di fare tutto l’album.
Marco: Io sono estremamente lusingato del fatto che gli Spacepony abbiamo scelto Uglydog Records per pubblicare il disco. Poi ora scopro anche di questa concorrenza americana!

Spacepony Uglydog Records
Gli Spacepony con Marco Lorenzoni di Uglydog Records

In qualche modo stiamo tornando a suonare. Su che palco vi piacerebbe esibirvi? Vale tutto eh, Dream big!

Andrea: A me piacerebbe che gli Spacepony andassero all’estero. In qualsiasi palco, anche piccolo, in qualche centro sociale. Ovvio che i festival internazionali sono sempre una bella meta, soprattutto per delle band italiane che cantano in inglese e che mirano quindi a un pubblico internazionale. È un’ambizione un po’ personale, ma mi piacerebbe suonare in Europa.
Francesco: A questo punto sogniamo in grande e andiamo in California! Non saprei dirti in che palco, ma sicuramente in America la musica degli Spacepony potrebbe essere apprezzata molto.
Stefano: Se andassimo in California, avremmo delle date assicurate per un mese.
Nicola: Un palco del South By Southwest sarebbe il top. È da lì che arriva il dream pop alla fine.
David: Io andrei in un palco, anche minore, del Primavera Sound. Così andiamo anche a trovare la mia ex in Spagna.
Stefano: A me comunque è piaciuto un sacco anche suonare stasera qui.

Lasciatevelo dire, avete fatto un gran bel disco. È da ormai più di anno che mi ritrovo spessissimo a cantare Back To The Summer. È stato davvero un grande piacere ascoltarvi stasera e suonare prima di voi.

Spacepony Uglydog Records Night
Gli Spacepony sul palco di Villa Angaran San Giuseppe – Uglydog Records Night


Enrico Grando