Ciao Cactus?! Fatevi conoscere, chi siete, da dove venite, cosa fate nella vita?
Ciao! Siamo Francesco, Simone e Andrea, uno studente, un geometra e un panettiere tutti da Tezze sul Brenta.
Quel punto interrogativo nel nome mette in crisi chi legge. Da dove arriva, è per distinguervi dai Cactus americani (band hard rock anni ’70) o è solo una scelta di stile?
Sinceramente quando abbiamo scelto il nome non eravamo a conoscenza di questo gruppo americano. Il nome ed il punto di domanda sono usciti puramente a caso, principalmente per un fattore estetico, dovevamo scegliere un nome per pubblicare delle canzoni su YouTube ed erano mesi ormai che ci pensavamo senza concludere nulla.
Siete reduci da tre date londinesi. Come ci siete finiti? Ma soprattutto, com’è andata, com’è stato suonare all’estero?
Da tempo volevamo fare un’esperienza all’estero e non trovando nessuno che ci organizzasse un tour ci siamo arrangiati inviando email a diversi pub e locali di Londra. È stato molto più facile del previsto ed è andata molto bene! Non ci aspettavamo che alla fine dei concerti tante persone venissero a chiedere di noi per fare due parole o anche solo per complimentarsi e abbiamo imparato che i CD non li vuole più nessuno quasi, o solamente per avere il link dove trovarci online.
Sicuramente la cosa migliore è stato provare, anche se per poco, com’è la vita in tour, dato che l’abbiamo sempre vista in video di altri gruppi ed è stata oltre la nostra immaginazione. Stressante fino a prima di suonare, appena finito puoi pensare solo a bere tanto, è come essere in vacanza. Abbiamo già l’idea di organizzarne un altro quest’anno.
La scena veneta è molto ricca di gruppi emergenti ultimamente. Quando ero adolescente io c’erano solo cover band in giro, o peggio ancora tribute band (il male assoluto!). Ora mi sembra di vedere una voglia generale di suonare pezzi propri. Come la vivete voi? Riuscite a suonare spesso in giro?
Diciamo che in questo ultimo paio d’anni di sicuro ci sembra che siano aumentate le possibilità di suonare in giro, anche se non so se abbiamo questa impressione perché siamo sempre più dentro il mondo dei concerti e festival. Inizialmente era dura trovare qualche concerto, bisognava organizzarseli praticamente, con il tempo arrivano sempre più proposte quindi ora abbiamo almeno 2 o 3 concerti al mese per fortuna.
Vi ho conosciuti musicalmente un paio d’anni fa, credo foste appena usciti con il primo EP. Mi siete piaciuti subito. Da lì, come siete arrivati a pubblicare Sorry For My Accent?
Grazie! Diciamo che i primi due EP sono stati due lavori abbastanza simili, poi abbiamo capito che dovevamo iniziare a fare qualcosa di più originale, lavorare meglio sulle canzoni. Per raccontarla proprio tutta, la svolta è arrivata dopo aver preso un paio di recensioni non proprio buone dopo un nostro concerto, ci siamo detti che forse non eravamo così tanto bravi e da lì abbiamo lavorato più di sei mesi quasi ogni giorno per fare l’ultimo EP.
I vostri pezzi mi ricordano i primi Strokes (prendetelo come un gran complimento). A chi vi ispirate, cosa ascoltate?
No dai! Ce lo dicono in molti ma sinceramente non abbiamo mai preso i The Strokes come ispirazione. Certamente li abbiamo ascoltati parecchio ma secondo me molti ci associano a loro per la voce distorta e il suono della chitarra nelle prime due canzoni dell’EP. Ultimamente ci ispiriamo a gruppi come Rat Boy, Late of the Pier, Skegss, etc. Diciamo che variamo dal surf all’elettronica senza farci troppi problemi.
Il lo-fi sembra piacervi proprio eh! Dal video stile arcade anni ’90 alla copertina dell’EP, a tutte le vostre grafiche. Nei pezzi però c’è molta cura negli arrangiamenti, chitarra e basso sono sempre ben bilanciati e complementare. Come nascono le canzoni dei Cactus??
Sì, abbiamo qualche problema con questo stile. Uno di noi si è anche tatuato sul collo la scritta LO-FI. Le canzoni dell’ultimo EP sono nate praticamente tutte nella cantina di Simone dove abbiamo un po’ di strumenti per registrare. Partiamo da una melodia e ci lavoriamo anche mesi registrandoci sopra mille parti e riascoltando tutto di giorno in giorno. È un po’ snervante come metodo di comporre, ma comunque ci piace trovarci quasi ogni giorno a registrare anche se spesso non concludiamo nulla.
I vostri pezzi sono piuttosto frenetici, me li immagino sempre ambientati in città piene di cemento. È difficile però tenere ferma la testa mentre li ascolto. Cosa vorreste ricevere da chi viene a sentire i vostri concerti?
Non abbiamo un gran rapporto con il pubblico durante i concerti, forse ci preoccupiamo troppo di cosa pensano le persone che abbiamo davanti e a malapena diciamo un paio di parole durante tutto il live. Le pause di silenzio tra le canzoni sono la cosa peggiore. Non ci aspettiamo niente di particolare dal pubblico sinceramente.
Sognate, dove vorreste fare il vostro live perfetto?
Glastonbury Festival.
Complimenti Cactus?. Ora però, quanto dovremo aspettare per il prossimo disco?
Ah, questa è la peggiore domanda che avresti potuto fare! Non ne abbiamo idea sinceramente, speriamo di lanciare un altro EP questa estate, attualmente abbiamo un paio di nuove canzoni nuove e decine di idee per farne altre, appena ne avremmo registrate 6-7 lo saprete di sicuro! Possiamo solo dire che forse uscirà un singolo questa primavera.
Insomma, i Cactus? sono parecchio fighi e promettono bene.
Li trovate su Facebook, Spotify e YouTube.