Del compleanno di Jar Of Flies degli Alice in Chains e dell’ineluttabile passare del tempo

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Il 25 gennaio di ventisette anni fa usciva quello che da più parti viene considerato il capolavoro degli Alice in Chains, ovvero Jar Of Flies. Fra coloro che la pensano così ci sono anch’io, e certamente non perché non ami ciò che il gruppo ha saputo regalarci, prima e dopo il 1994.

alice in chains jar of flies cover

Ma come, un ep che viene definito addirittura capolavoro? Non sono forse più importanti album come il primogenito Facelift o il celeberrimo Dirt, di due anni antecedente al “barattolo di mosche”? Beh, come si sa, i giudizi in campo musicale sono opinabili, e avendo ogni singolo individuo gusti personali, è sempre consigliabile diffidare di definizioni tanto altisonanti.

Significativo, comunque, il fatto che ben tre canzoni delle sette che compongono l’ep siano state scelte come singoli, e precisamente No Excuses, I Stay Away e Don’t follow. E che altre due, Rotten Apple e soprattutto Nutshell siano fra le più amate del repertorio degli AIC. Ciò detto, per chi scrive, Jar Of Flies fu una vera e propria sorpresa. Il vostro (allora) pischello, già introdotto all’ascolto del nuovo lavoro dai passaggi in radio del singolo No Excuses, acquistò naturalmente il cd, trovandovi allegato un secondo ep, un’altra perla, ossia Sap. Scoprii in seguito che si trattava di una riproposta, essendo uscito originariamente nel ’92, addirittura prima di Dirt. Poco importa, i due extended play rimangono, nel mio immaginario, indissolubilmente legati.

(Spaccato di vita vissuta: il pischello il cd lo acquistò non al Discotape di Marostica o al Pick Up di Bassano, come d’abitudine, ma nientemeno che a Parigi, in gita scolastica di 5^ liceo, al (ei fu) Virgin Megastore, pochi giorni dopo l’uscita. Ah, l’acquisto fu applaudito dal – di là da venire – presidente di Uglydogs)

alice in chains sap

La sorpresa cui vi accennavo fu scoprire che gli Alice, forse, non erano più lo stesso gruppo. E se è vero che l’ingresso nella band di Mike Inez al posto di Mike Starr si rivelò determinante per il loro suono, è altrettanto innegabile che difficilmente ci si poteva attendere un ep ellettroacustico.

È proprio il basso di Inez a dare il la a Rotten Apple, che apre il disco, mentre la chitarra di Jerry Cantrell sembra un lamento, accompagnato dalle parole lancinanti e dalla voce di Layne Staley.

Innocence is over / Ignorance is spoken / Confidence is broken / Arrogance is potent.

È con la successiva Nutshell che si tocca con mano, ancora una volta, tutta la disperazione di Staley, il suo male di vivere crescente, di pari passo con la dipendenza dall’eroina. È considerato, probabilmente a ragione, come l’ultimo grido (e al contempo richiesta) d’aiuto di Layne, intrappolato in se stesso (ricordate Man In The Box?):

No one to cry to, no place to call home / […] If I can’t be my own, I’d feel better dead.

Il potente urlato dello stesso Staley in I Stay Away diventa iconico, e forse è la canzone dell’ep che si avvicina di più a un “classico” degli Alice, mentre No Excuses diventa famosa perché il tema è quello dell’amicizia sincera ma a volte travagliata fra Cantrell e lo stesso cantante. Scritta dal chitarrista e autore delle musiche, contiene versi emblematici e una toccante dichiarazione di amore fraterno:

You my friend / I will defend / And if we change / We’ll I love you anyway.

La strumentale Whale & Wasp ci trasporta in una dimensione onirica e introduce la doppietta Don’t Follow e Swing On This. È proprio quest’ultima canzone che, nonostante appaia meno “impegnata” (e impegnativa) di altre, lancia ancora una luce sulla condizione di Staley:

Mother said come home / Father said come home / Sisters said come home / So my friends said come home / I said / Let me be, I’m alright.

Sono certo, poi, che ricorderete le mirabili e indimenticabili esecuzioni di Nutshell e No Excuses da parte dei nostri per MTV Unplugged, due anni dopo, in quella che è probabilmente fra le migliori, se non la migliore, performance nella storia del format. In una delle delle ultime esibizioni live degli AIC con lui alla voce, un Layne visibilmente provato offrì comunque una prova delle sue capacità vocali di rare intensità e qualità.

layne stailey unplugged

Insomma, il magnifico Jar Of Flies compie 27 anni. Ma di certo non entrerà a far parte del tristemente celebre club, perché qualità e fama gli assicurano la meritata immortalità.

P.S. — Nota del libraio: in Italia, nonostante gli Alice in Chains siano molto amati e abbiano tutt’oggi un ottimo seguito, praticamente non esistevano, fino a meno di due anni fa, libri sulla band e sul suo compianto vocalist. Ricordo solamente un volume, ormai molto datato, dedicato ai “Nuovi poeti rock americani”. Ma a colmare questo vuoto imbarazzante ci ha pensato Giuseppe Ciotta, che con il suo “In catene. I giorni di Layne Staley e gli Alice in Chains”, edito da Chinaski prima e in seguito da Officina di Hank, ci regala un saggio denso e assai completo. Ve ne consiglio la lettura, naturalmente!


Francesco Nicolli